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Facciamoci sentire Grazia

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Facciamoci sentire

Silvia Grilli — 30 Aprile 2020

Da giovedì 30 aprile è in edicola un numero speciale di Grazia, dedicato ai diritti a rischio delle donne in questo particolare momento. 
Qui l’editoriale della direttrice Silvia Grilli, che avanza una richiesta alle istituzioni e chiede a ognuno di voi di dare voce alle proprie esperienze e alle proprie idee. 

Dal 9 marzo a oggi, durante la chiusura dell’Italia dovuta alla pandemia, le donne italiane sono in prima linea. Visibili in luoghi pubblici come ospedali e laboratori scientifici con l’abnegazione di ricercatrici, dottoresse e infermiere. Invisibili dentro le famiglie mentre cercano di conciliare lavoro a distanza in smart working con le mansioni di mamma, cuoca, addetta alle pulizie, assistente dei parenti anziani e maestra dei propri figli nei compiti online durante la chiusura delle scuole.

In un mondo giusto, la gestione familiare verrebbe ripartita equamente tra mariti e mogli perché i figli si fanno in due e la lavatrice anche. Ma sappiamo che un mondo giusto non si crea in due mesi, ci vogliono anni di educazione alla parità di genere. E qui da noi basta leggere i libri di testo delle elementari per capire come le diseguaglianze ci vengano inculcate sin da piccoli con il beneplacito del ministero della Istruzione. Nei compiti per i bambini le mamme sono quasi sempre in cucina oppure rappresentate come maghe delle pulizie, mentre i padri vanno a lavorare o leggono il giornale. L’Italia è tra le nazioni europee dove in casa è più ampia la disparità tra uomini e donne.

Dal 4 maggio l’Italia gradualmente riaprirà, mentre le scuole, gli asili e i nidi rimarranno chiusi certamente fino a settembre. Poi chissà. Le donne resteranno il solo servizio sociale disponibile per fare fronte a bambini e anziani. Nove milioni sono le italiane che lavorano fuori casa. Molte di noi si domandano come e se potranno tornare a farlo. Chi si occuperà infatti dei figli rimasti a casa? Chi assisterà i vecchi della famiglia? In molte saremo costrette a dimetterci per assumere il ruolo totalizzante di casalinga? È uno scenario preoccupante e nessuno sembra aver pensato a come risolverlo. Non ci ha pensato il presidente del Consiglio che mai, nei suoi numerosi decreti, ha citato la “categoria” delle donne lavoratrici trasversale a tutti i settori produttivi. Non ci hanno pensato purtroppo neppure le donne al Governo che avrebbero invece dovuto approntare misure con determinazione.

La maggioranza di noi non vuole che lo smart working diventi la nostra trappola permanente, la scusa per ricacciarci in casa, inevitabilmente accantonate dalla vita pubblica. La politica deve intervenire senza addurre a pretesto che ci siano difficoltà più gravi da risolvere. Questo è un problema gigantesco: in gioco ci sono i diritti conquistati dalle nostre nonne, dalle nostre madri, da noi. In gioco c’è il nostro diritto all’indipendenza economica e alla libertà.  Durante questa emergenza tutto il potere viene gestito dai maschi: un uomo è il premier, uomini sono la stragrande maggioranza dei virologi ed esperti delle commissioni governative. L’unica donna visibile nei luoghi del comando è l’interprete che durante le dirette di Giuseppe Conte traduce con i segni per i non udenti. Un lavoro encomiabile, ma sempre un lavoro di cura.

La politica si occupi delle donne e le donne facciano la politica: con chi dovremmo parlare su come riaprire le scuole se non con chi in questi mesi ha tenuto in piedi l’Italia con l’abnegazione? Se non ci sono donne nelle commissioni governative è perché non c’è nessuna legge che obblighi le quote rosa, come invece accade nei consigli di amministrazione delle aziende dove la parità di genere si sta affermando e la presenza femminile è aumentata di sette volte. Bisogna fare in modo che anche nelle nomine fatte dalla Presidenza del consiglio e dai ministeri ci sia una presenza di donne: almeno il 40 per cento per garantire l’equilibrio tra i sessi. Dalle macerie della pandemia serve un programma di costruzione dell’eguaglianza di genere che stabilisca nelle scuole un’educazione civica alla parità tra i sessi e cambi il monopolio maschile del potere atto a riprodurre esclusivamente se stesso.

Dalla Nuova Zelanda a Taiwan, passando per la Germania, i sette Paesi che hanno resistito meglio al coronavirus sono governati da donne: non hanno minimizzato, negato, rimandato le decisioni. Però il punto su cui concentrarsi non è perché siano più brave, bensì come siano arrivate al potere. E il potere, ragazze, non è brutto e cattivo, non bisogna ritrarsi e averne paura lasciando sempre spazio agli uomini. Potere è il modo per realizzare un mondo migliore per femmine e maschi. Rinunciare al talento femminile nella vita pubblica è un errore madornale per tutto il Paese e questo lo sanno anche gli uomini.

Scrivetemi con una email all’indirizzo grazia.direttrice@mondadori.it o postate sui nostri social sotto la campagna per la parità di genere la vostra esperienza, le vostre idee e il vostro piano per un Paese migliore grazie al talento delle donne.

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